Donne e guerra, l’ossimoro della celebrazione

9 Mar , 2022

“La guerra non ha un volto di donna”

Sono molti gli avvenimenti che hanno portato alla lotta per la rivendicazione dei diritti delle donne e all’istituzione della Giornata internazionale delle donne da parte dell’ONU. 

Tassello fondamentale è stato una manifestazione che si svolse nel 1917 a San Pietroburgo, in Russia, una manifestazione di donne che chiedevano la fine della guerra. Paradossalmente uno scenario poco diverso da quello a cui stiamo assistendo in questi giorni.

Quest’anno la Giornata Internazionale della Donna ricorre mentre il conflitto armato fa sprofondare il mondo in una nuova crisi. Immagini di donne che partoriscono mentre si riparano dagli attacchi aerei, di donne che fuggono dalle bombe con i figli in braccio, di madri in lutto. Le donne coinvolte nel conflitto in Ucraina si uniscono alle fila di altri milioni di persone che hanno sofferto i costi umani di altri conflitti armati, dalla Siria allo Yemen, all’Afghanistan e oltre.  

Ci sono donne, non solo in Ucraina ma anche in Russia, che stanno piangendo i loro figli, i loro mariti, i padri, i fratelli caduti in combattimento. Ci sono donne costrette a lasciare le loro case per mettere in salvo se stesse e i figli e a salutare, forse per l’ultima volta, i propri uomini al confine.

Per non parlare delle donne che, sfidando pestaggi e arresti, stanno manifestando contro Putin e contro la guerra nelle piazze russe. Volti e voci straordinarie di giovani e anziane, studentesse e lavoratrici che stanno mandando un messaggio dirompente all’intero sistema economico, sociale, militare del paese ma anche al resto del mondo per dire che la difesa della libertà viene prima anche di quella della vita.

Oggi più che mai, guardando a questo coraggio, dobbiamo fermarci un attimo e riflettere.

E vogliamo riflettere con le parole di Svjatlana Aleksievičl, giornalista e scrittrice bielorussa nata in Ucraina, e attraverso uno dei suoi più famosi libri “La guerra non ha un volto di donna”.

In un’intervista la scrittrice dice: “La guerra per le donne è un’altra cosa rispetto ai maschi. Mi hanno colpito le parole di una ex soldatessa sovietica che dopo una battaglia è andata a vedere il campo dove giacevano i morti e i feriti. Diceva: c’erano ragazzi, bei giovani, russi e tedeschi, mi dispiaceva ugualmente per tutti quanti. La morte e il dolore non conoscono differenze tra gli esseri umani. Ma lo sanno solo le donne. Un maschio raramente ragiona in simili termini. Le donne sono legate all’atto di nascita, alla vita.”

Aleksievičl ha raccontato, nel libro, l’epopea delle donne sovietiche nella Seconda guerra mondiale. Per due anni, ha raccolto le testimonianze di queste donne, che in un primo momento erano restie a parlare, perché avevano taciuto per quaranta anni, cercando di dimenticare quella loro esperienza, dopo invece hanno cominciato a raccontare ed è stato difficile fermarle e scegliere cosa scrivere. Il manoscritto è rimasto nel cassetto per tanti anni, gli editori non volevano pubblicarlo, perché raccontava di una guerra vista non dal lato “virile”. 

Nel discorso tenuto a Stoccolma per il Nobel del 2015, Svjatlana Aleksievičl dice: «Sono stata definita scrittrice delle catastrofi, ma non è vero, io cerco continuamente parole d’amore. L’odio non ci salverà. Solo l’amore. È la mia speranza».

Mariagrazia Manna
Giuseppe Divano