Riflessione icona anno associativo 2021-2022

18 Set , 2021


Luca (4,14-21)
Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e tutti ne facevano grandi lodi. Si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me;per questo mi ha consacrato con l’unzione,e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio,per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista;per rimettere in libertà gli oppressi,e predicare un anno di grazia del Signore. Poi arrotolò il volume, lo consegnò all’inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui. Allora cominciò a dire: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi».

Carissimi amici di AC,
siamo all’inizio di un nuovo tratto di strada associativo da compiere insieme. L’inizio di un nuovo anno fa sorgere dentro di noi tanta emozione, gioia ed entusiasmo, ancora di più se consideriamo che questo tempo da trascorrere insieme è incorniciato dall’evento del Centenario della nostra AC diocesana. L’orizzonte che ci circonda è ancora più ampio, perché ricordare un anniversario, è non solo esercizio della mente, ma per noi deve essere soprattutto esercizio del cuore: è memoria grata di un tempo trascorso e vissuto, unitamente a storie, esperienze e volti di tanti, che prima di noi hanno aderito al cammino di fede, un percorso che non si è esaurito nel tempo passato ma che continua ancora oggi con noi, che portiamo avanti la nostra identità ecclesiale di Azione Cattolica. Come possiamo proseguire in questo intento?

Il cammino di quest’anno è accarezzato dal brano biblico di Luca che abbiamo poc’anzi ascoltato. Un testo meraviglioso e pieno di spunti per la nostra riflessione e soprattutto per il cammino da compiere. Vorrei con voi e per voi ripercorrere qualche passaggio affinchè possa essere stimolo per un cammino formativo, associativo e spirituale più intenso e proficuo.

“Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo”. Negli ultimi tempi abbiamo vissuto momenti non facili dove abbiamo sperimentato la fragilità e il nostro limite umano. Siamo stati messi “fuori servizio” da un nemico invisibile e insidioso che ci ha costretti a rivedere radicalmente le nostre relazioni e di conseguenza ha stravolto anche il nostro ordinario cammino associativo ed ecclesiale. Come per Gesù, anche per noi, (ci auguriamo!), si presenta il momento di “ritornare” in Galilea, ove ha inizio la sua missione. Gesù avrebbe potuto scegliere un luogo più significativo rispetto alla Galilea, terra periferica ed impura. Ma sceglie di iniziare da lì, da Nazaret precisamente, il luogo della sua infanzia, quasi come una ri-partenza. Ecco per noi una prima provocazione. Ritorniamo ad abitare le nostre associazioni, i nostri spazi, i gruppi, le nostre comunità. Ma non lo dobbiamo fare uguale alle altre volte. Dobbiamo farlo con “la potenza dello Spirito Santo” per rispondere con fedeltà e adempiere in pienezza il mandato che ci è stato affidato. Con la “potenza dello Spirito Santo”, Nazaret, diventa l’”oggi” di Dio, ossia il luogo, il tempo, il momento favorevole dove la “Scrittura udita con i vostri orecchi” diventa realtà, prende forma, si incarna e si compie nella sua pienezza. Non è il luogo che incarna la Parola, ma la certezza nella fede che essa si compie per mezzo del mio ascolto, della mia fedeltà e disponibilità. L’ “oggi” di Dio è determinato dalla presenza di Gesù e non dal luogo in cui è proclamata la Parola. Riprendiamo, allora, con fiducia, coraggio e speranza i nostri cammini associativi. Forse li ritroviamo decimati, sfiduciati, allontanati, provati…non importa! La Speranza di Dio ci invita a non perderci d’animo, ma come Gesù, ci esorta ad entrare per “leggere” la realtà che troviamo e da quella realtà (non da un’altra!, ma dalla nostra!) proclamare a tutti la buona novella.

Il movimento che compie Gesù, di “entrare nella sinagoga”, deve essere l’atteggiamento, più che mai quest’anno, che dobbiamo assumere tutti noi. Siamo chiamati a varcare, con “la potenza dello Spirito Santo”, le vite e le storie di quanti il Signore pone sul cammino della nostra associazione. L’essere Presidenti, consiglieri, responsabili, animatori, mi porta non solo ad avere una responsabilità nei confronti dell’altro, ma in virtù del mandato ricevuto, sono “coinvolto”, “partecipe” della vita di ogni membro. Come Gesù, dovremmo imparare a “sentire compassione”, a condividere il vissuto di ognuno con delicatezza e carità, ma con tenerezza di Padre. È solo in questa prospettiva di accompagnamento, di “entrata” che si possono realizzare le parole profetiche che Gesù pronuncia dal Profeta Isaia e che realizza con la Sua Persona.

“Lo Spirito del Signore è sopra di me;per questo mi ha consacrato con l’unzione,e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio,per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista;per rimettere in libertà gli oppressi,e predicare un anno di grazia del Signore”.
Sembra essere un programma difficile da realizzare. Un’impresa ardua dinanzi alla quale ci sembra di partire già sconfitti. È naturale chiederci: “Come è possibile realizzare tutto questo?”. Credo che dobbiamo porci dinanzi alle cose, e ancora di più dinanzi alla Parola di Dio, con la giusta prospettiva. Papa Francesco nel DISCORSO AI MEMBRI DEL CONSIGLIO NAZIONALE DELL’AZIONE CATTOLICA ITALIANA del 30 aprile 2021, affermava: «Possiamo chiederci cosa significa questa parola “azione”, e soprattutto di chi è l’azione. L’ultimo capitolo del Vangelo di Marco, si conclude con questa affermazione: «Il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano» (16,20). Di chi è dunque l’azione? Il Vangelo ci assicura che l’agire appartiene al Signore: è Lui che ne ha l’esclusiva, camminando “in incognito” nella storia che abitiamo. Ricordare questo non ci deresponsabilizza, ma ci riporta alla nostra identità di discepoli-missionari. Ricordare che l’azione appartiene al Signore permette però di non perdere mai di vista che è lo Spirito la sorgente della missione: la sua presenza è causa – e non effetto – della missione. Permette di tenere sempre ben presente che «la nostra capacità viene da Dio» (2 Cor 3,5); che la storia è guidata dall’amore del Signore e noi ne siamo co-protagonisti».

Il Papa ci ha suggerito la giusta angolazione. Siamo strumenti dell’opera di Dio. Egli agisce con la sua Grazia, nello Spirito Santo, passando attraverso di noi. Questo è ciò che noi chiamiamo “vocazione”: essere stati chiamati a svolgere un servizio di annuncio e di prossimità, di sostegno e di vicinanza vera e umanamente concreta. Una lettura attenta e profonda di questi versetti, ci fa comprendere che Gesù muove la sua azione verso gli altri (povero, cieco, carcerato…) e questo non è un elemento secondario rispetto all’annuncio della Parola. Anzi potremmo dire che nell’azione concreta di vicinanza, di prossimità Egli annuncia la Parola, direi di più: nell’azione la Parola diventa viva ed efficace. Noi di AC siamo chiamati a vivere la dimensione associativa con relazioni autentiche e profonde. Il nostro essere per l’altro mi chiede di essere attento, premuroso, autentico…il mio/nostro modo di porci nella relazione dice la nostra vera identità. Dobbiamo essere profondamente umani e rendere le nostre relazioni, i nostri legami come azioni “libere” e “liberanti”, dobbiamo entrare nel cuore umano dell’altro. Il nostro non è solo un annuncio di fede teorica e ideale, ma concreto e possibile: dobbiamo fare in modo che anche attraverso di noi, senza alcuna diabolica presunzione, si possa dire “oggi si è compiuta questa Parola”. Come rendere concreta questa Parola?

“Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui”. È qui, in questa affermazione di fede profonda, che ritroviamo il segreto per riuscire nella nostra missione. Tante volte siamo solo banditori di brutte notizie, di esperienze negative, di sconfitte associative. Ci siamo mai chiesti il perché? Sembra che quando ci raccontiamo queste esperienze, venga fuori tutto il nostro affanno umano, tutto il travaglio esistenziale di quanta energia, forza, tempo e capacità abbiamo investito per dei progetti, programmi e non abbiamo raggiunto il risultato prefissato. In cosa abbiamo sbagliato? Perché non ci siamo riusciti? Forse perché abbiamo tenuto gli occhi fissi su di noi e non su di Lui! Errore gravissimo, da cui imparare a rivedere il nostro impegno, che ha pur bisogno di “programmi”, “progetti”, regole e statuto, ma non possono essere solo il frutto di ragionamenti e logiche umane, bensì devono scaturire dal “tenere gli occhi fissi su di lui”, ossia vivere in maniera personale e associativa un intenso e costante cammino spirituale. Quanto tempo dedico alla formazione? Quanto tempo dedico alla preghiera, alla relazione con Gesù sia a livello personale che associativo? Come vivo la mia vita sacramentale? Partecipo all’Eucarestia domenicale? Mi confesso spesso o non ho cura e attenzione alla mia anima? Non serve a nulla avere gli occhi aperti e fissi su di lui se questi stessi occhi sono ricoperti dal velo della mediocrità di una vita di fede scarsa e non autentica. La forza per annunciare al povero la lieta notizia, al prigioniero la liberazione e al cieco la vista, non è solo il frutto del nostro sforzo umano, ma è soprattutto frutto dello Spirito che cresce e alimenta la nostra missione attraverso la relazione con Colui che in sé ha per primo realizzato tutto ciò, cioè Gesù Cristo.
Il cammino associativo non può essere scollegato da una vita spirituale. Il progetto formativo “Perché sia formato Cristo in voi”, afferma: «la vita spirituale è la vita secondo lo Spirito. È fare esperienza dell’incontro con il Signore nelle pieghe della nostra esistenza, negli spazi della quotidianità. Per nutrire l’interiorità, per crescere nella fraternità, per sostenere la responsabilità, per vivere l’ecclesialità, il laico di AC ha bisogno di essere radicato in una vita spirituale profonda».

Avere gli occhi fissi su di lui significa accogliere con gratitudine il dono dello Spirito e rispondervi con docilità e generosità, impegnandosi in un cammino di vita cristiana frutto di perseverante ascolto dello Spirito, nell’attenzione alla vita del mondo e nella dedizione alla Chiesa.
Ancora il progetto formativo parla di “una fede incarnata”: «uno dei tratti più forti della vocazione laicale è quello di manifestare il legame tra vita e fede, mondo e Chiesa. I discepoli di un Dio che si fa uomo non possono che vivere cosi: facendo unità, costruendo sintesi, mostrando che il Vangelo dà pienezza e realizzazione all’esperienza umana. Una vita che trae luce dalla fede e una fede che non perde lo spessore dell’esistenza». È qui sintetizzato il cammino da compiere, la mèta da raggiungere, la strada da percorrere per rispondere pienamente alla nostra vocazione.

Amici di AC,
cogliamo l’occasione dell’inizio di questo nuovo anno per ri-partire con coraggio e speranza. Dalle macerie proviamo a ricostruire con novità. Sentiamoci rivestiti “dalla potenza dello Spirito” in questo servizio ecclesiale. Proviamo a rispondere con generosità alla chiamata che abbiamo ricevuto. Siamo profeti che annunciano e vivono l’”oggi” di Dio nelle proprie associazioni e comunità. Non abbiamo paura e timore di “osare”, siamo di quelli che non riescono a trattenere per sé la gioia ricevuta dall’incontro con Gesù e che desiderano condividerla con tutti. Proviamo ad essere annunciatori della Parola che dona salvezza e che ci apre alla Speranza.

Auguro a tutti voi, alle vostre associazioni e comunità di vivere un anno ricco e pieno di cose belle da realizzare. Auspico che le vostre piccole Nazaret, cioè le vostre comunità, possano essere rivisitate da voi con un cuore nuovo e che la Parola di Dio possa non solo essere annunciata ma realizzata in pienezza. Noi vi accompagniamo con la nostra amicizia e preghiera! La Vergine del “SI” sia per voi icona di disponibilità e generosità.
Buon cammino a tutti.

Don Sebestiano Sequino

Assistente Generale dell’ac diocesana di Aversa